Zoom: racconto, condivido, rappresento.

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Il lungo e prolungato lockdown dovuto al protrarsi dell'emergenza epidemiologica da Covid-19 ha messo alle strette gli italiani costretti a restare chiusi in casa per diversi mesi, mutando radicalmente le proprie abitudini e attività quotidiane. Da un giorno all'altro la vita si è improvvisamente fermata; le luci delle città sono rimaste sole in mezzo al vuoto delle piazze e strade, le persone si sono lentamente spente. Ma c'è una categoria più delle altre che è stata colpita dalla vastità degli effetti collaterali del coronavirus: la generazione dei millennials, ovvero quella dei nati tra gli anni '80 e il 2000. Loro sono quelli che più di tutti hanno perso ogni punto di contatto e riferimento durante la quarantena: dal gruppo di compagni di scuola alla possibilità di praticare l'attività sportiva abituale, fino alla classica uscita con gli amici al sabato sera. Una modifica così brusca, inaspettata e repentina tanto da gettarli a volte nello sconforto più profondo. Tra le preoccupazioni maggiori dei giovani riscontrate durante il periodo della pandemia, al primo posto c'è quella che riguarda il futuro: i ragazzi, in questo delicato e sofferto momento storico non hanno alcuna solida certezza, hanno perso la voglia di sognare il domani o no?. 

Questo è il quadro che emerge dall'indagine "Giovani e Quarantena" promossa dall'Associazione Nazionale Di.Te. (Dipendenze Tecnologiche, Gap, Cyberbullismo) svolta in collaborazione con Skuola.net, che ha intervistato un campione di 9.145 giovani di età compresa tra gli 11 e i 21 anni. Lo studio rivela un considerevole aumento dei disturbi d'ansia e dell'insorgere di stati depressivi tra gli adolescenti, i quali si sentono sempre più soli, poco ascoltati e considerati. Oltre a questo anche il distanziamento fisico - sociale ha contribuito ulteriormente ad alterare il modo di gestire il loro tempo libero a disposizione e, al contempo, di permanenza in casa con i genitori. Quasi 8 ragazzi su 10 hanno dichiarato di aver cambiato l'orario in cui vanno a dormire e quello in cui si svegliano, non riuscendo più a riposarsi come prima a causa della comparsa di alcuni disturbi del sonno che li fanno sentire più stanchi la mattina seguente. Un altro elemento certamente protagonista di questo surreale periodo è il vero e proprio ricorso alla tecnologia digitale, che ha completamente stravolto la didattica e l'apprendimento stesso dei ragazzi con l'avvento della formazione a distanza (FAD). Ma se da un lato per i millennials pc, smartphone e tablet sono stati dei preziosi e validi alleati per rimanere costantemente in contatto con il mondo esterno, il forte senso di solitudine avuto in questi mesi dai ragazzi è l'ennesima conferma che la tecnologia è social, ma per nulla socializzante. Fa sentire soli e non contiene le ansie. 

Ma come si può fare a rassicurare i più giovani e a fargli riprendere il desiderio di immaginare un futuro migliore e ancora più prosperoso? Certamente attraverso il teatro in grado di generare e alimentare nuovi contatti umani veri e autentici, riscoprendo principalmente il piacere della condivisione e dello stare assieme vivendo un'esperienza di crescita e consapevolezza di se stessi. Questa è la funzione principale del teatro: creare senza forzature un dialogo e un rapporto umano con gli altri e poi rappresentarlo. 

Motivando i giovani a compiere un viaggio partendo dal racconto di come hanno vissuto il proprio periodo di detenzione forzata in casa, il poliedrico attore e regista feltrino Roberto Faoro darà vita ad un laboratorio di teatro della durata di due mesi rivolto a ragazzi e ragazze, propedeutico alla messa in scena di un laboratorio finale (spettacolo aperto al pubblico) che ripercorrerà storie, racconti e testimonianze dirette di una realtà fino a qualche mese fa inimmaginabile e, ora, divenuta parte integrante della nostra quotidianità al punto da modificarla radicalmente, facendo emergere nuovi aspetti e punti di vista ancora inespressi. Al centro di tutto questo l'intelligenza emotiva, ovvero l'abilità di saper dosare e usare le emozioni in modo corretto attraverso la capacità di identificarle, comprenderle e gestirle nei più disparati contesti della vita quotidiana. Esperienza che diventa un laboratorio per chi è in scena (se vuole) e, inoltre, anche per gli stessi spettatori. Perchè il teatro è relazione con sè, con gli altri e con il pubblico. Si può solo raccontare, oppure anche scrivere o lasciare che il conduttore stesso riporti quello che i più giovani gli hanno esposto. 

Il laboratorio teatrale è un percorso formativo di pura sperimentazione, un vero e proprio spazio di apprendimento privo di pregiudizi e leadership, in grado non solo di conoscere le più moderne e innovative tecniche di recitazione, ma anche come valido trampolino di lancio per migliorare la propria comunicazione superando eventuali problemi legati alla timidezza oppure alla poca dimestichezza nel parlare in pubblico. 

OBIETTIVI DEL PERCORSO FORMATIVO

- Acquisire una maggiore consapevolezza delle proprie emozioni.

- Incrementare il proprio equilibrio e benessere interiore. 

- Promuovere e valorizzare la propria autenticità, superando l'insorgere di possibili inibizioni e condizionamenti esterni attraverso la libera espressione di se stessi. 

- Migliorare la proprie capacità comunicative e relazionali anche attraverso la gestualità. 

DURATA DEL LABORATORIO

Il laboratorio si svolgerà nel periodo estivo (indicativamente da luglio a settembre 2020) in un palcoscenico unico ed esclusivo come quello del Palazzo Borgasio del Comune di Feltre (BL).

DESTINATARI

Al laboratorio di teatro possono partecipare tutti i giovani che hanno voglia di stare assieme. Non serve alcuna esperienza teatrale, basta solamente aver voglia di mettersi in gioco in un ambiente privo di competizione e leadership. Numero massimo di iscritti: 10. Il corso prenderà avvio al raggiungimento di n. 4 (quattro) partecipanti. 

DOCENTE

Roberto Faoro - poliedrico attore, drammaturgo e regista italiano vincitore nel 2005 del primo Concorso Nazionale di Arti Sceniche indetto dall'Istituto di Istruzione Superiore Elena Principessa di Napoli, ricevendo la menzione speciale della critica Creo Ergo Sum, mentre lo scorso anno ha portato a casa la menzione speciale al prestigioso Premio Internazionale Salvatore Quasimodo - sezione teatro - con il monologo sulla storia e vicissitudini dei Fratelli Bisaglia

QUOTA DI PARTECIPAZIONE

Per iscriversi al laboratorio teatrale è necessario inviare un'email con i propri dati personali (nome, cognome, data di nascita, telefono) all'indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. entro e non oltre sabato 11 luglio 2020, allegando alla presente contabile del bonifico di € 60,00 al mese (totale € 120,00) da effettuarsi entro e non oltre la data sopra riportata al seguente IBAN: IT77O0814061110000030119920 codice BIC: CCTIT2T38A causale: iscrizione al corso Zoom: racconto, condivido, rappresento

Si precisa che detto importo potrà essere da noi restituito solamente nel caso in cui non si dovesse raggiungere il numero minimo di 4 (quattro) iscritti, salvo diverso accordo con il partecipante che intenda perfezionare lo stesso il corso individualmente. Per maggiori informazioni è possibile visitare la pagina Facebook Associazione Culturale Teatro del Cuore di Feltre e Belluno, oppure telefonare al numero 347 316 4423 (Roberto Faoro). 

 

 

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Corso di Lettura Espressiva Online. Dagli occhi, al cuore, alla voce.

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Vuoi comunicare in modo efficace oppure imparare a leggere un testo in modo coinvolgente, liberandoti dalle inflessioni dialettali? Iscriviti al corso di lettura espressiva online tenuto dal poliedrico attore e regista feltrino Roberto Faoro, che si svolgerà da lunedì 15 giugno in orario serale. La tua voce è unica. Trattala bene e ottieni il meglio.

A chi è rivolto il corso?

Sapersi rapportare con i propri interlocutori utilizzando un corretto approccio vocale ed espressivo, migliora la vita quotidiana e professionale facendo riscoprire a voi stessi e agli altri, la bellezza e l'espressività della parola. Il corso si rivolge a coloro che vogliono scoprire e approfondire la conoscenza della corretta pronuncia in lingua italiana e l'utilizzo efficace ed efficiente della voce. Un percorso di crescita culturale, uno strumento imprescindibile per il successo nella propria attività lavorativa.

Obiettivi didattici

Le persone sono voci nell'universo, irripetibili. Il percorso formativo fornisce nozioni e conoscenze basilari per imparare a comunicare e a leggere un qualsiasi contenuto in modo attrattivo e coinvolgente, allo scopo di semplificare all'interlocutore la corretta comprensione del contenuto e del significato di un semplice messaggio. Il percorso d'apprendimento si configura come un laboratorio, dove attraverso esercitazioni pratiche e il confronto reciproco in un ambiente privo di pregiudizi, incomprensioni e leadership, si acquisiranno le tecniche per la corretta pronuncia delle parole, interpretando senso e atmosfere di un testo leggendolo in modo espressivo, dopo aver investigato suoni e colori delle parole e della propria voce.

Metodologia didattica

Partendo da letture a ruota libera, i partecipanti saranno guidati verso un graduale approccio al testo non solo razionale ma anche indagando suoni, colori, immagini e molti altri aspetti, attraverso la sperimentazione di laboratori ed esercitazioni pratiche utili per apprendere l'utilizzo efficace della propria voce e lo studio dei suoi elementi espressivi quali il tono, il tempo, il ritmo, il volume, il colore, le corrette pause, la respirazione e il mordente.

Modalità di erogazione del corso

Viste le recenti restrizioni imposte dall'emergenza epidemiologica da Covid-19, le 10 lezioni del corso di lettura espressiva online si terranno in modalità videoconferenza, con possibilità di interagire e di porre domande in tempo reale al docente Roberto Faoro. Un metodo tecnologico e innovativo che permette, anche restando comodamente seduti sul divano di casa, di migliorare la propria capacità espressiva, conoscere i propri mezzi di comunicazione vocale, apprendendo i più efficaci metodi di lettura persuasiva in pubblico, attraverso lezioni live con interazione e ascolto diretto tra insegnante e allievi. 

Modalità di partecipazione

Per iscriversi al corso è necessario inviare un'email con i propri dati personali (nome, cognome, data di nascita, recapito telefonico) all'indirizzo: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. entro e non oltre venerdì 12 giugno 2020 allegando alla presente contabile del bonifico di € 120,00, da effettuarsi entro e non oltre la data sopra riportata al seguente IBAN: IT77O0814061110000030119920 Codice BIC: CCRTIT2T38A Causale: iscrizione corso lettura espressiva online giugno 2020. Si precisa che detto importo potrà essere restituito nel caso in cui non si dovesse raggiungere il numero minimo di 4 (quattro) partecipanti, salvo diverso accordo con l'iscritto che intenda perfezionare lo stesso il corso di lettura espressiva online individualmente. Per maggiori informazioni visita la pagina Facebook dell'Associazione Culturale Teatro del Cuore di Feltre e Belluno, oppure telefona al numero 347 3164423 (Roberto Faoro). 

 

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La storia dei fratelli Bisaglia, vittime di trame ed intrighi politici.

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Una storia complicata, ricca di misteri e di situazioni inquietanti. Sono ancora molti gli enigmi e le domande senza risposta che colorano di giallo le morti dei due fratelli, Antonio Bisaglia, noto esponente della Democrazia Cristiana tra il 1972 e il 1980, morto il 24 giugno 1984 a Santa Maria Ligure, e don Mario il sacerdote trovato cadavere il 17 agosto 1992 nel Lago di Centro Cadore uno spicchio d'acqua artificiale situato in Cadore, tra gli abitanti di Pieve e Lozzo, in provincia di Belluno. Sino a poco tempo fa si associava la morte di queste due persone ad un destino infame e a volte crudele. Solo successivamente la Procura di Belluno, ha scoperto, dopo accurate analisi e rilievi eseguiti sul cadavere, che il prete non si è per nulla suicidato: in quelle acque ci finì già morto, forse soffocato.

Fu l'allora inquilino di Montecitorio Mario Borghezio, il primo a scuotere la testa davanti alla strana ricostruzione della vicenda. In un'interrogazione parlamentare, presentata in data 15 febbraio 1993 al Ministro di Grazia e Giustizia Giovanni Battista Conso, il deputato ed europarlamentare della Lega Nord collegò la tragica fine dell'ex Ministro Antonio Bisaglia, avvenuta nel lontano 1984, a quella del fratello dello stesso, Don Mario Bisaglia, annegato nel 1992. Secondo Borghezio le due morti rappresentarono un quanto mai singolare caso d'inchieste svolte con accuratezza, senso del dovere e approfondimento non tanto dai competenti organi giudiziari del tempo, ma bensì da coraggiosi e scaltri giornalisti intesi ad oltrepassare, con amore di verità e pura coscienza professionale, il muro del silenzio che si era inevitabilmente eretto attorno alla tragica scomparsa dei due fratelli Bisaglia. 

LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI.

Era una domenica di giugno del 1984 quando il capo dei dorotei, parlamentare dal 1963 al 1979, tre volte ministro, morì all'età di 55 anni durante una consueta gita in barca a vela al lago di Portofino, in compagnia della moglie Romilda Bollati spostata appena un anno prima. La ricostruzione fornita dagli investigatori attribuì la colpa dell'accaduto ad un'improvvisa onda anomala. Fu proprio lo stesso Borghezio il primo a non crederci: numerosi indizi e particolari, quali ad esempio il singolare ritrovamento della bandiera dello yacht Rosalu di proprietà della moglie, e il numero effettivo di passeggeri che effettivamente si trovavano a bordo (mai chiarito), facevano intendere che il giallo di questa morte accidentale somigliasse piuttosto alla fine di Calvi che ad un normale incidente nautico. Questo spinse il parlamentare del Carroccio ad interrogarsi a lungo sul fatto che lo stesso magistrato inquirente sulla morte del senatore Bisaglia, il dottor Marcello D'Andrea, ammise di non aver ritenuto opportuno disporre un sopralluogo il giorno stesso del tragico fatto. Sulla morte del noto senatore non si diede pace nemmeno Don Mario Bisaglia, trovato cadavere nel Lago di Cadore. Il suo corpo restò in acqua per almeno due giorni. Nelle tasche dei pantaloni e sotto la maglietta del prete furono rinvenute delle pietre, dei sassi e perfino un foglietto contenente degli appunti. Nei calzini erano invece arrotolate 850 mila lire. Nel 2003 il pubblico ministero Raffaele Massaro riaprì l'indagine su questo misterioso suicidio. Dopo aver disposto la riesumazione della salma, si scoprì che nei suoi polmoni non c'era alcuna traccia delle tipiche alghe cadorine: insomma Don Mario non sarebbe morto per annegamento, ma piuttosto per soffocamento. Il suo corpo pare che sia stato recuperato in fretta da un aereo militare italiano e la salma seppellita in cimitero senza nemmeno essere stata sottoposta ad autopsia. Per gli inquirenti il verdetto fu suicidio. Quello su cui si è certi è che il religioso aveva fin dall'inizio manifestato molteplici dubbi e perplessità sulla presunta morte del fratello Toni specie dopo che, tra la fine del 1991 e l'inizio del 1992, aveva espressamente raccontato di aver appreso da alcuni fedeli nel segreto della confessione, particolari estremamente importanti sulla sua scomparsa. Notizie ed informazioni che lo avevano profondamente turbato, tanto da voler cambiare radicalmente il proprio stile di vita. Don Mario comunque non si perse certo d'animo e mise subito al corrente alcuni suoi amici e conoscenti su quanto egli aveva scoperto sulla morte del fratello.

Su queste nuove basi il magistrato ritenne del tutto improbabile che Antonio Bisaglia si volle suicidare, lasciando aperta l'unica ipotesi alternativa a quella dell'incidente. A sostegno di questa tesi vennero acquisite anche diverse testimonianze: in particolare gli inquirenti posero particolare attenzione a quella di un amico del sacerdote al quale Don Mario aveva confidato, proprio il giorno prima di scomparire, che l'indomani avrebbe avuto un incontro con alcune persone al quale teneva particolarmente, tanto da far spostare la celebrazione della messa del mattino alla Casa di Cura Città di Rovigo, pur di giungere in perfetto orario nel luogo dell'appuntamento.

Ma in tutta questa misteriosa e surreale vicenda spicca un'altra storia inquietante. Il suicidio di Gino Mazzolaio, l'ex cassiere di spicco della DC polesana, finito in carcere il 16 marzo 1993 nell'ambito dell'inchiesta condotta dal PM veneziano Carlo Nordio sugli appalti della Sanità Veneta, per la quale erano già state emesse 27 ordinanze di custodia cautelare e decine di avvisi di garanzia. Il corpo di Mazzolaio, scomparso il 23 aprile 1993, venne ritrovato una settimana dopo nelle acque dell'Adige, all'altezza di Anguillara Veneta un comune della provincia di Padova, conosciuto alle cronache per essere il paese originario della famiglia del presidente brasiliano jair Bolsonaro. 

Questo ennesimo caso di morte sospetta spinse il Procuratore della Repubblica Fabio Saracini a farsi consegnare dai colleghi di Chiavari il fascicolo relativo alla morte del senatore ed ex ministro democristiano Toni Bisaglia. Dopo un'attenta analisi e lettura degli atti, l'ipotesi del suicidio apparve sempre meno probabile. Inoltre il PM sostenne che Don Mario non aveva nessun motivo valido per porre fine alla sua vita: tant'è che aveva già programmato delle visite e degli impegni per i giorni successivi. Le ipotesi che potevano rimanere in piedi erano la disgrazia oppure l'omicidio. Pur riuscendo ad allargare l'inchiesta anche ad altre persone e coinvolgendo più città italiane, il 21 marzo 1997 le meticolose indagini avviate dalla magistratura di Belluno sulla morte di Don Mario Bisaglia si conclusero con l'archiviazione, decisa dal GIP Antonella Coniglio su richiesta del Procuratore Mario Fabbri, che sostituì Saracini morto un anno prima.

Ma a dare una significativa svolta a questa oscura vicenda di cronaca nera ci pensò nel luglio del 2003 un esposto in cui un cittadino, direttamente interessato ad un particolare della vicenda, fornì elementi che spinsero il PM Raffaele Massaro a riaprire l'indagine effettuando un nuovo esame autoptico della salma del sacerdote. La consulenza affidata a due diversi anatomopatologi, confermò che il decesso del prete non sarebbe avvenuto per annegamento, ma bensì per una forma di soffocamento provocata senza atti violenti. A conferma di questo l'assenza di diatomee nel fegato, nel midollo e, soprattutto, nei polmoni della vittima. Ma c'è di più: secondo gli investigatori l'omicidio di Mario Bisaglia poteva essere strettamente legato alla tragica fine del fratello. A far supporre quest'idea pare che il prete si stesse recando in Cadore per consegnare ad alcuni giornalisti documenti importanti che riguardavano la morte del fratello. Tuttavia non fu mai possibile risalire agli esecutori o mandanti di questo delitto e, per tanto, nel 2007 l'inchiesta venne definitivamente archiviata. 

A riportare a galla questa storia assai complicata, ricca di misteri e di situazioni inquietanti, non poteva che essere il poliedrico attore e regista feltrino Roberto Faoro, nello spettacolo teatrale "Annegati di Terra. La storia dei Fratelli Bisaglia", portato in scena per la prima volta il 18 ottobre 2014 al Teatro Comunale di Belluno in sinergia con la Città di Feltre e la Provincia di Belluno e coprodotto con TIB teatro e l'Associazione Culturale Teatro del Cuore. 

Annegati di Terra racconta un'altro mistero inquietante e ancora poco conosciuto della storia italiana: un intreccio di interessi politici, culturali e di numerosi scandali che non si conclude solo con la morte dei due fratelli Bisaglia, ma che miete vittime anche nello stesso entourage del potente ministro. Un valido esempio di teatro civile che si ispira al libro inchiesta "Gli Annegati"(1992 - Sperling & Kupfer) scritto a quattro mani dai giornalisti Carlo Brambilla e Daniele Vimercati. La storia dei Fratelli Bisaglia è stata anche divulgata attraverso un film realizzato da Faoro con il supporto del regista Federico Bertozzi, vincitore del premio Flaiano 2002 e Opera Estate nel 2004, che ha partecipato anche come attore alla grande stagione del teatro di narrazione collaborando con Gabriele Vacis, Mario Baliani e Laura Curino. Il testo di cui è autore Roberto faoro nel 2019 ha ricevuto la menzione speciale nella sezione Teatro al Premio Internazionale Salvatore Quasimodo. 

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Alleghe, una lunga scia di sangue scuote le Dolomiti Bellunesi.

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Nella piazza principale di Alleghe un paese situato nel cuore delle Dolomiti Bellunesi, esisteva l'Albergo Centrale, di proprietà della famiglia Da Tos: è proprio attorno a questo storico edificio che ruotano i protagonisti di un'atroce e incredibile storia di cronaca nera, realmente accaduta, che ha scosso per diversi anni la vita degli abitanti di questa rinomata località turistica di montagna. Fiore Da Tos un povero bracciante agricolo sposa per mero interesse la proprietaria dell'albergo Elvira Riva. Dopo il matrimonio la coppia ha due figli: Adelina la più grande d'età che lavora nella struttura di famiglia, moglie di Pietro De Biasi, e il figlio più piccolo Aldo titolare della macelleria all'angolo della piazza.

LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI

Tutto ebbe inizio la mattina del 9 maggio 1933. Alle 11:30 la tranquillità di questa splendida città in Provincia di Belluno venne sconvolta dal frastuono delle incessanti urla di disperazione di Adelina che, alquanto scossa e turbata, chiedeva aiuto in strada per la collega e cameriera Emma De Ventura che si era tagliata la gola con un rasoio nella sua camera d'albergo. La notizia si diffuse a macchia d'olio nel piccolo paese dove un tempo si conoscevano tutti. Avventori, curiosi e gli stessi clienti erano addolorati e sconvolti all'arrivo delle forze dell'ordine, del medico legale e delle altre autorità civili e militari incluso il segretario politico del Fascio Raniero Massi. Dopo una prima sommaria ricostruzione emerse che la giovane ragazza si fosse tolta la vita ingerendo della tintura di iodio, dopo aver avuto forti dolori al corpo che la spinsero velocemente a suicidarsi, con un unico e profondo fendente.
Un'esecuzione da perfetto manuale se non fosse che più di una persona fece notare agli inquirenti come il flacone di veleno si trovasse appoggiato su una mensola della camera, mentre il rasoio era chiuso in un armadio riposto ad almeno sei passi di distanza dalla vittima, che riversava in posizione supina sul pavimento in una pozza di sangue. La stessa autopsia rivelò la presenza di alcune tracce di tintura nello stomaco di Emma e, nonostante le evidenze, le autorità confermarono la tesi del suicidio e l'archiviazione del caso.

Un'altro episodio alquanto strano e all'apparenza misterioso si verificò il 4 dicembre del 1933. Il freddo pungente di quei giorni aveva ghiacciato le acque del lago di Alleghe. Fu così che due ragazzini decisero di approfittarne per andare a pattinare. Non fecero in tempo di avvicinarsi all'imbarcadero che uno dei due notò subito qualcosa che sporgeva in una parte del lago risparmiata dal gelo. Incuriosito il bambino si avvicinò, notando il cadavere di una donna. Anche in quest'occasione la gente del paese non tardò ad arrivare sul posto; tra i tanti curiosi spettatori c'era anche Pietro De Biasio, marito di Adelina Da Tos, che da lontano riconobbe che la vittima era Carolina Finazzer, novella sposa di Aldo Da Tos, il figlio minore dei proprietari dell'Albergo Centrale. I due, proprio il giorno precedente, decisero inaspettatamente di interrompere il viaggio di nozze per richiesta di Carolina che, rientrata visibilmente turbata in città, pareva dovesse avere un'imminente incontro con sua madre di lì a poche ore. Gli investigatori avanzarono per la seconda volta l'ipotesi del suicidio, sostenuto dal fatto che la donna soffrisse di una forte depressione e di sonnambulismo. Questa tesi non convinse per nulla gli stessi familiari della vittima, che fecero notare alcune evidenti incongruenze come il ventre trovato privo d'acqua al suo interno, i denti stretti e la presenza di lividi sul collo della ragazza. Anche il medico condotto notò quei segni ma non volle soffermarsi più di tanto ad esaminarli, sostenendo che quelle tracce potevano essere riconducibili a delle macchie dovute ad un inizio di putrefazione. Una cosa che sembrò alquanto strana e priva di fondamento a tutti, visto che Carolina venne ritrovata solamente poche ore dopo la sua morte e, per di più, immersa nelle acque gelide del lago. Ma anche in questa circostanza nessuno volle indagare ulteriormente: anche Carolina Finazzer si suicidò. Caso chiuso.
Questi due delitti furono in più occasioni accostati dagli abitanti di Alleghe ad altrettante morti sospette avvenute in circostanze misteriose, come quella di Paolino Da Riva detto il Gobbo e di Guido Gardenel, il garzone del macello di Aldo De Tos.

Il paese sembrò presto tornare alla sua solita normalità: dall'ultimo delitto passarono ben tredici anni, fino a che successe nuovamente qualcosa di inaspettato. Era la notte del 18 novembre 1946 e Luigi Del Monego assieme alla moglie Luigina De Toni, conosciuti da tutti come Gigio e la Balena, allo scoccare della mezzanotte avevano chiuso le porte del circolo Enal e si apprestavano a far rientro a casa in prossimità del Vicolo La Voi. Improvvisamente si udirono due spari ravvicinati: i due coniugi vennero freddati a poca distanza uno dall'altro. Nessuno in paese sembrò sentire rumori quella notte. I due corpi vennero ritrovati all'alba della mattina successiva da Angelo De Toffol, fruttivendolo e cognato della Balena. Anche questo venne ritenuto un caso all'apparenza molto semplice e scontato, dato che dalla borsetta della signora era stato rubato l'incasso della serata: le conclusioni furono rapina a carico di ignoti. Nei giorni seguenti vennero anche fermati alcuni indiziati tra cui Luigi Verocai, un latitante evaso dal carcere prima della condanna in contumacia per un'altro omicidio, che però venne rilasciato per mancanza di prove a suo carico. Ovviamente anche in questo delitto le cose non tornavano: gli spari erano stati simultanei ma i cadaveri si trovavano piuttosto distanti tra loro, dando l'ipotesi di un agguato piuttosto che di una rapina. Altro caso chiuso senza indagare a fondo. 

Due suicidi e altrettanti omicidi a scopo di rapina: ecco i delitti di Alleghe che vennero sussurrati da tante persone del paese, ma che al tempo stesso rimasero inespressi a lungo nella bocca degli abitanti per paura di ritorsioni, fino a quando Sergio Saviane, giovane aspirante giornalista con un trascorso di gioventù ad Alleghe, apprese la notizia dalla stampa locale di quest'ultimo assassino, decise di iniziare a far luce su questi fatti di cronaca. 
Saviane si fece presto convinto che i delitti fossero tra loro collegati e compiuti da una stessa mano: ma quale? Fu proprio il suo amico barbiere, Bebi Checchini, a persuaderlo ad indagare più a fondo e a scrivere delle memorie per far conoscere queste tristi e misteriose vicende di cronaca giudiziaria. 

Il 13 aprile 1952 venne pubblicato l'articolo "La Montelepre del Nord" a firma Saviane che ipotizzava l'esistenza di un filo che collegava le morti di Emma De Ventura la giovane cameriera dell'Albergo Centrale, della cognata della titolare Carolina Finazzer e dei due coniugi gestori del bar con un esplicito riferimento all'omertà degli abitanti per paura di subire possibili minacce o ritorsioni. Nel dicembre dello stesso anno Saviane venne citato in giudizio per diffamazione, che gli costò otto mesi di reclusione, il pagamento delle spese processuali e un cospicuo risarcimento economico alla famiglia De Tos per danni morali. Dopo questo duro affronto sembrava che su Alleghe fosse arrivato il fatidico momento per chiudere nuovamente il sipario, lasciando che il trascorrere del tempo dissipasse ogni ombra su questa vicenda. Ma non fu così; l'articolo attirò l'attenzione di Enzo Cesca il giovane brigadiere della stazione dei carabinieri di Agordo, che assieme al comandante il maresciallo Domenico Uda riaprirono le indagini sotto copertura. 

Il brigadiere, un volto non ancora conosciuto in paese, si recò in incognito ad Alleghe, trovando lavoro come operaio. Frequentando le osterie del centro riuscì a raccogliere degli ulteriori elementi investigativi. In giro si raccontava che i coniugi Del Monego vennero uccisi per aver visto troppo da Giuseppe Gasperin; Cesca riuscì a conoscerlo e proprio quest'ultimo gli confidò che nel Vicolo La Voi abitava una signora, Carolina Valt, che poteva sapere qualcosa in più sull'omicidio della coppia. Per arrivare alla Valt, il giovane brigadiere si fidanzò con la nipote e, dopo essere aver conquistato la fiducia di Carolina, l'anziana donna gli rivelò che la notte del delitto aveva visto tre individui nel vicolo, uno dei quali era proprio Giuseppe Gasperin. A seguito di questa rivelazione, l'uomo venne convocato in caserma e, di li a poco, arrestato. Gasperin rivelò i nomi dei responsabili degli altri atroci delitti portando, nel 1958, in carcere Pietro De Biasio, il marito di Adelina, Aldo Da Tos e, pochi mesi dopo, anche la stessa Adelina accusata di aver ucciso la giovane cameriera dell'Albergo Centrale. La magistratura ritenne che Carolina Finazzer fosse stata strangolata da Pietro De Biasio, con l'aiuto dei fratelli Da Tos, perchè durante il viaggio di nozze il marito le aveva accennato dell'omicidio di Emma De Ventura e lei non aveva reagito bene, dando segni di paura, e così i Da Tos decisero di farla fuori. I coniugi Del Magro vennero uccisi perchè la notte del 4 dicembre 1933, avevano visto Aldo portare in spalle il corpo della moglie morta verso il lago e, a distanza di ben tredici anni dall'accaduto Aldo De Tos, Pietro De Biasio e Giuseppe Gasperin posero fine alla loro esistenza.

IL PROCESSO

L'8 giugno 1960, la Corte d'Assise di Belluno, riconobbe colpevoli Aldo e Adelina Da Tos e Pietro De Biasio, condannandoli alla pena dell'ergastolo. Aldo e Pietro furono ritenuti gli esecutori della morte di Carolina Finazzer e dei coniugi Del Monego, mentre Adelina solo della morte di questa donna in quanto l'omicidio di Emma De Ventura era caduto in prescrizione. Giuseppe Gasperin venne condannato a trent'anni di galera di cui sei gli furono condonati per aver contribuito, con la sua confessione, all'arresto degli altri responsabili. Durante il processo d'appello nel 1964 anche i Da Tos e De Biasio confessarono di essere gli esecutori materiali dei delitti, ma le loro pene vennero confermate anche dalla Corte di Cassazione, il 4 febbraio 1964. Aldo e Pietro morirono in carcere, mentre Adelina venne graziata nel 1981 dall'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, morendo nel 1988. Ma sui misteri di questi anni di terrore non tutto è stato ancora svelato: cosa avesse visto per meritare di morire la cameriera Emma De Ventura, rimane nel silenzio. Cosa avesse raccontato Aldo Da Tos alla neosposa Carolina Finazzer, rimane un mistero pure quello; di questa storia rimane solo il suo corpo ritrovato nel lago, strangolato altrove. Infine fu una pistola a chiudere per sempre la bocca ai coniugi Del Monego, con l'unica colpa di aver visto troppo quella fatidica sera. 

In questa storia piena di ombre, molti furono quelli che preferirono ascoltare solo poche voci; oppure nessuna. Sergio Saviane no. Lui le ascoltò tutte riportandole nel libro I Misteri di Alleghe (Mondadori per Pilotto - 1964). E per questo, oggi, grazie al suo prezioso e instancabile giornalismo d'inchiesta questa triste e agghiacciante vicenda può continuare ad essere letta e raccontata, affinchè rimanga nella memoria di tutti anche attraverso lo spettacolo teatrale unico in Italia di Roberto Faoro che in scena interpreta Sergio Saviane, Ho giocato a carte con l'assassino Sergio Saviane e i delitti di Alleghe, regia di Francesco Bortolini, musiche di Antonio Fiabane e Alberto Mambrini, luci e audio di Paolo Pellicciari. Di questo lavoro esiste anche un DVD (Ho giocato a carte con l'assassino, il film) girato nella splendida cornice della Sena, la piccola Fenice, il Teatro di Feltre sempre per la regia di Bortolini e coprodotto da Telebelluno.

I Misteri di Alleghe invece sono stati letti e registrati presso Radio Più di Taibon Agordino e sono disponibili in formato audio. Per la prima volta attraverso la voce di Roberto Faoro riecheggia nella vallata agordina e tra le vie di Alleghe il libro proibito, un omaggio sincero al grande giornalista dell'Espresso Sergio Saviane.

Forse un giorno sarà concesso e reso possibile portare il monologo di Faoro ad Alleghe, affinchè in qualche modo si chiuda questa terribile ferita che direttamente o indirettamente ha riguardato la vita di migliaia di persone e che fu una vicenda che fece il giro del mondo. Una ferita che continua a pulsare. 

 

 

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A Feltre è nata la Compagnia Teatro del Cuore Ragazzi.

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C'è sempre una prima volta! A Feltre dal 2019 esiste una compagnia teatrale costituita da ragazzi di età compresa fra i dodici e i diciassette anni, che hanno frequentato i laboratori condotti dall'attore, drammaturgo, regista e formatore Roberto Faoro, nonchè fondatore dell'Associazione Culturale Teatro del Cuore.

In un clima libero da giudizi, nel quale è stato possibile sbagliare e ricominciare in libertà, i novelli attori hanno compiuto un viaggio alla scoperta dell'arte, della recitazione e della cultura teatrale, esercitandosi a livello corporeo, vocale, respiratorio e gestuale, con lavori d'ensamble individuali, a coppie, improvvisazioni corporee e verbali, concentrandosi sulla costruzione del proprio personaggio. Il tutto seguendo varie metodologie da M. Cechov a Grotowskij, da Strasberg a Stanislavskij, da Brook a Scolari e altri.

Nel ruolo di docente Roberto Faoro ha cercato di indirizzare gli allievi verso la visione del Teatro come possibile specchio dell'anima e, nello stesso tempo, come occasione di crescita personale in termini di autostima con ricadute positive anche in ambito scolastico, quali ad esempio una maggiore disinvoltura nell'esposizione, nella lettura, nell'espressività vocale e corporea in genere.

Tra i molteplici progetti, laboratori e spettacoli teatrali portati in scena dalla Compagnia, Immaginario il Malato liberamente tratto dalla commedia di Molinèere e Fanciulli e più che Uomini, tratto dall'opera di Giacomo Leopardi che ricorda come il pensiero unito all'immaginario e non agli umori incontrollati della pancia, possono salvarci dalla violenza e dalla confusione. Un omaggio anche all'Infinito, poesia ancora oggi capace di toccare le nostre corde più profonde. 

Al Teatro del Cuore sono approdati centinaia di giovani con i loro dolori, le loro speranze, gioie ed entusiasmi; alcuni si sono diplomati all'Accademia, altri, i più, hanno acquisito maggiore autostima, consapevolezza e sicurezza. Qualche tempo fa due giovani hanno realizzato un video in cui hanno espresso questi sentimenti. Aver dato un piccolo contributo alla realizzazione dei sogni dei giovani è la più grande soddisfazione di questo magico mondo del teatro. 

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Annegati di Terra - La storia dei Fratelli Bisaglia

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Di e con Roberto Faoro

Regia: Federico Bertozzi

Dopo il successo di Ho giocato a carte con l'assassino, dedicato agli atroci e incredibili delitti di Alleghe, Roberto Faoro torna ad indagare su un altro mistero della storia italiana con uno spettacolo interamente dedicato ai Fratelli Toni e Don Mario Bisaglia. 

Il primo noto esponente della Democrazia Cristiana tra il 1972 e il 1980, fu anche tre volte Ministro della Repubblica Italiana nei governi Moro, Andreotti, Cossiga e Forlani.

Annegati di Terra è uno spettacolo che racconta un mistero inquietante e ancora poco conosciuto: un intreccio di interessi politici, culturali e di scandali che non si conclude solo con la morte dei Fratelli Bisaglia, ma che miete molte vittime anche all'interno dello stesso entourage del Ministro.

Roberto Faoro sul filone del teatro civile e di narrazione, ripercorre l'avventura e le vicende umane e politiche di Toni e Mario Bisaglia, ma anche la storia italiana dagli anni sessanta ai novanta in un gioco di rimandi e intrecci continui.

Lo spettacolo è una coproduzione Associazione Culturale Teatro del Cuore e TIB Teatro Residenza Teatrale, realizzato con il patrocinio del Comune di Belluno in sinergia con la Città di Feltre e la Provincia di Belluno. 

Alla regia Federico Bertozzi, vincitore del premio Flaiano 2002 e Opera Estate nel 2004, che ha partecipato come attore alla grande stagione del teatro di narrazione collaborando con Gabriele Vacis, Marco Baliani e Laura Curino. 

 

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Associazione Culturale Teatro del Cuore Feltre - Belluno.

Pubblicato in Associazione Il Cuore a Teatro

Imparare Divertendosi! Esperienza, professionalità e passione per il mondo del teatro sono stati gli elementi fondanti per la nascita dell'Associazione Culturale Teatro del Cuore, operativa nella Città di Feltre dal 2007, ma con una storia di successi alle spalle che inizia nel 1995. 

Da oltre vent'anni promuove la cultura teatrale nel territorio delle Dolomiti Bellunesi e non solo organizzando corsi di formazione all'arte del teatro per adulti e ragazzi, di lettura espressiva, dizione, danza e scrittura creativa, avvalendosi della collaborazione di professionisti che credono ancora che l'atto creativo liberi lo spirito, allarghi gli orizzonti della mente e faccia bene al cuore.

Anima e motore dell'Associazione Culturale l'eclettico attore, drammaturgo, regista e formatore Roberto Faoro, laureato in Storia del Teatro con una tesi sul comico Paolo Rossi, oltre agli altri soci storici che costituiscono lo zoccolo duro essendo per sua natura questo sodalizio un contenitore di passaggi di vita, di storie e passioni. Negli anni in questo spazio sono passati tanti aspiranti attori che, dopo aver compiuto un viaggio alla scoperta di se stessi, sono riusciti ad entrare in Accademia, trasformando la propria passione per la recitazione in un lavoro a tempo pieno, preparandosi per il provini.

L'Associazione Teatro del Cuore in questo lungo tempo ha inseguito il suo sogno: dare vita ad un teatro fatto di gioco e divertimento, di immaginari creativi e fantastici, di meraviglia e poesia, in un confronto continuo con la realtà e la contemporaneità. Un teatro comprensibile e accessibile a tutti, affinchè lo spettacolo non sia destinato ad un'èlite di cultori o al narcisismo degli attori, ma trovi la sua ragion d'essere nell'incontro con il Cuore dello spettatore.

Le parole che ci guidano.

Qualsiasi via è soltanto una via, e non c'è nessun affronto a se stessi o agli altri nell'abbandonarla, se questo è ciò che il cuore ti dice di fare. Esamina ogni via con accuratezza e ponderazione. Provala tutte le volte che lo ritieni necessario. Quindi poni a te stesso, e a te stesso soltanto, una domanda: Questa via ha un cuore? Se lo ha la via è buona. Se non lo ha, non serve a niente". C. Castaneda

Un non luogo che affiora ecco cos'è recitare, l'utopia che trova un luogo momentaneo per esprimersi, il sogno che si fa carne, il fantasma che si materializza, la rivoluzione che si realizza, anche se per un tempo breve. M. Cechov

Non si vede bene se non con il Cuore. A. Exupery

Il teatro è relazione con se stessi, con il gruppo e con il pubblico.

Liberi di sbagliare e ricominciare. 

Libertà di essere se stessi, libertà di dire o non dire, libertà di agire, di raccontare con le parole e  con il corpo, libertà di essere e di rappresentare col corpo, un corpo poetico la storia di se e del mondo. Atleti del cuore. Gli attori. 

SCARICA LA PRESENTAZIONE DELL'ASSOCIAZIONE CULTURALE TEATRO DEL CUORE

 

 

 

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