La storia dei fratelli Bisaglia, vittime di trame ed intrighi politici.
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Una storia complicata, ricca di misteri e di situazioni inquietanti. Sono ancora molti gli enigmi e le domande senza risposta che colorano di giallo le morti dei due fratelli, Antonio Bisaglia, noto esponente della Democrazia Cristiana tra il 1972 e il 1980, morto il 24 giugno 1984 a Santa Maria Ligure, e don Mario il sacerdote trovato cadavere il 17 agosto 1992 nel Lago di Centro Cadore uno spicchio d'acqua artificiale situato in Cadore, tra gli abitanti di Pieve e Lozzo, in provincia di Belluno. Sino a poco tempo fa si associava la morte di queste due persone ad un destino infame e a volte crudele. Solo successivamente la Procura di Belluno, ha scoperto, dopo accurate analisi e rilievi eseguiti sul cadavere, che il prete non si è per nulla suicidato: in quelle acque ci finì già morto, forse soffocato.
Fu l'allora inquilino di Montecitorio Mario Borghezio, il primo a scuotere la testa davanti alla strana ricostruzione della vicenda. In un'interrogazione parlamentare, presentata in data 15 febbraio 1993 al Ministro di Grazia e Giustizia Giovanni Battista Conso, il deputato ed europarlamentare della Lega Nord collegò la tragica fine dell'ex Ministro Antonio Bisaglia, avvenuta nel lontano 1984, a quella del fratello dello stesso, Don Mario Bisaglia, annegato nel 1992. Secondo Borghezio le due morti rappresentarono un quanto mai singolare caso d'inchieste svolte con accuratezza, senso del dovere e approfondimento non tanto dai competenti organi giudiziari del tempo, ma bensì da coraggiosi e scaltri giornalisti intesi ad oltrepassare, con amore di verità e pura coscienza professionale, il muro del silenzio che si era inevitabilmente eretto attorno alla tragica scomparsa dei due fratelli Bisaglia.
LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI.
Era una domenica di giugno del 1984 quando il capo dei dorotei, parlamentare dal 1963 al 1979, tre volte ministro, morì all'età di 55 anni durante una consueta gita in barca a vela al lago di Portofino, in compagnia della moglie Romilda Bollati spostata appena un anno prima. La ricostruzione fornita dagli investigatori attribuì la colpa dell'accaduto ad un'improvvisa onda anomala. Fu proprio lo stesso Borghezio il primo a non crederci: numerosi indizi e particolari, quali ad esempio il singolare ritrovamento della bandiera dello yacht Rosalu di proprietà della moglie, e il numero effettivo di passeggeri che effettivamente si trovavano a bordo (mai chiarito), facevano intendere che il giallo di questa morte accidentale somigliasse piuttosto alla fine di Calvi che ad un normale incidente nautico. Questo spinse il parlamentare del Carroccio ad interrogarsi a lungo sul fatto che lo stesso magistrato inquirente sulla morte del senatore Bisaglia, il dottor Marcello D'Andrea, ammise di non aver ritenuto opportuno disporre un sopralluogo il giorno stesso del tragico fatto. Sulla morte del noto senatore non si diede pace nemmeno Don Mario Bisaglia, trovato cadavere nel Lago di Cadore. Il suo corpo restò in acqua per almeno due giorni. Nelle tasche dei pantaloni e sotto la maglietta del prete furono rinvenute delle pietre, dei sassi e perfino un foglietto contenente degli appunti. Nei calzini erano invece arrotolate 850 mila lire. Nel 2003 il pubblico ministero Raffaele Massaro riaprì l'indagine su questo misterioso suicidio. Dopo aver disposto la riesumazione della salma, si scoprì che nei suoi polmoni non c'era alcuna traccia delle tipiche alghe cadorine: insomma Don Mario non sarebbe morto per annegamento, ma piuttosto per soffocamento. Il suo corpo pare che sia stato recuperato in fretta da un aereo militare italiano e la salma seppellita in cimitero senza nemmeno essere stata sottoposta ad autopsia. Per gli inquirenti il verdetto fu suicidio. Quello su cui si è certi è che il religioso aveva fin dall'inizio manifestato molteplici dubbi e perplessità sulla presunta morte del fratello Toni specie dopo che, tra la fine del 1991 e l'inizio del 1992, aveva espressamente raccontato di aver appreso da alcuni fedeli nel segreto della confessione, particolari estremamente importanti sulla sua scomparsa. Notizie ed informazioni che lo avevano profondamente turbato, tanto da voler cambiare radicalmente il proprio stile di vita. Don Mario comunque non si perse certo d'animo e mise subito al corrente alcuni suoi amici e conoscenti su quanto egli aveva scoperto sulla morte del fratello.
Su queste nuove basi il magistrato ritenne del tutto improbabile che Antonio Bisaglia si volle suicidare, lasciando aperta l'unica ipotesi alternativa a quella dell'incidente. A sostegno di questa tesi vennero acquisite anche diverse testimonianze: in particolare gli inquirenti posero particolare attenzione a quella di un amico del sacerdote al quale Don Mario aveva confidato, proprio il giorno prima di scomparire, che l'indomani avrebbe avuto un incontro con alcune persone al quale teneva particolarmente, tanto da far spostare la celebrazione della messa del mattino alla Casa di Cura Città di Rovigo, pur di giungere in perfetto orario nel luogo dell'appuntamento.
Ma in tutta questa misteriosa e surreale vicenda spicca un'altra storia inquietante. Il suicidio di Gino Mazzolaio, l'ex cassiere di spicco della DC polesana, finito in carcere il 16 marzo 1993 nell'ambito dell'inchiesta condotta dal PM veneziano Carlo Nordio sugli appalti della Sanità Veneta, per la quale erano già state emesse 27 ordinanze di custodia cautelare e decine di avvisi di garanzia. Il corpo di Mazzolaio, scomparso il 23 aprile 1993, venne ritrovato una settimana dopo nelle acque dell'Adige, all'altezza di Anguillara Veneta un comune della provincia di Padova, conosciuto alle cronache per essere il paese originario della famiglia del presidente brasiliano jair Bolsonaro.
Questo ennesimo caso di morte sospetta spinse il Procuratore della Repubblica Fabio Saracini a farsi consegnare dai colleghi di Chiavari il fascicolo relativo alla morte del senatore ed ex ministro democristiano Toni Bisaglia. Dopo un'attenta analisi e lettura degli atti, l'ipotesi del suicidio apparve sempre meno probabile. Inoltre il PM sostenne che Don Mario non aveva nessun motivo valido per porre fine alla sua vita: tant'è che aveva già programmato delle visite e degli impegni per i giorni successivi. Le ipotesi che potevano rimanere in piedi erano la disgrazia oppure l'omicidio. Pur riuscendo ad allargare l'inchiesta anche ad altre persone e coinvolgendo più città italiane, il 21 marzo 1997 le meticolose indagini avviate dalla magistratura di Belluno sulla morte di Don Mario Bisaglia si conclusero con l'archiviazione, decisa dal GIP Antonella Coniglio su richiesta del Procuratore Mario Fabbri, che sostituì Saracini morto un anno prima.
Ma a dare una significativa svolta a questa oscura vicenda di cronaca nera ci pensò nel luglio del 2003 un esposto in cui un cittadino, direttamente interessato ad un particolare della vicenda, fornì elementi che spinsero il PM Raffaele Massaro a riaprire l'indagine effettuando un nuovo esame autoptico della salma del sacerdote. La consulenza affidata a due diversi anatomopatologi, confermò che il decesso del prete non sarebbe avvenuto per annegamento, ma bensì per una forma di soffocamento provocata senza atti violenti. A conferma di questo l'assenza di diatomee nel fegato, nel midollo e, soprattutto, nei polmoni della vittima. Ma c'è di più: secondo gli investigatori l'omicidio di Mario Bisaglia poteva essere strettamente legato alla tragica fine del fratello. A far supporre quest'idea pare che il prete si stesse recando in Cadore per consegnare ad alcuni giornalisti documenti importanti che riguardavano la morte del fratello. Tuttavia non fu mai possibile risalire agli esecutori o mandanti di questo delitto e, per tanto, nel 2007 l'inchiesta venne definitivamente archiviata.
A riportare a galla questa storia assai complicata, ricca di misteri e di situazioni inquietanti, non poteva che essere il poliedrico attore e regista feltrino Roberto Faoro, nello spettacolo teatrale "Annegati di Terra. La storia dei Fratelli Bisaglia", portato in scena per la prima volta il 18 ottobre 2014 al Teatro Comunale di Belluno in sinergia con la Città di Feltre e la Provincia di Belluno e coprodotto con TIB teatro e l'Associazione Culturale Teatro del Cuore.
Annegati di Terra racconta un'altro mistero inquietante e ancora poco conosciuto della storia italiana: un intreccio di interessi politici, culturali e di numerosi scandali che non si conclude solo con la morte dei due fratelli Bisaglia, ma che miete vittime anche nello stesso entourage del potente ministro. Un valido esempio di teatro civile che si ispira al libro inchiesta "Gli Annegati"(1992 - Sperling & Kupfer) scritto a quattro mani dai giornalisti Carlo Brambilla e Daniele Vimercati. La storia dei Fratelli Bisaglia è stata anche divulgata attraverso un film realizzato da Faoro con il supporto del regista Federico Bertozzi, vincitore del premio Flaiano 2002 e Opera Estate nel 2004, che ha partecipato anche come attore alla grande stagione del teatro di narrazione collaborando con Gabriele Vacis, Mario Baliani e Laura Curino. Il testo di cui è autore Roberto faoro nel 2019 ha ricevuto la menzione speciale nella sezione Teatro al Premio Internazionale Salvatore Quasimodo.
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