Alleghe, una lunga scia di sangue scuote le Dolomiti Bellunesi.

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Nella piazza principale di Alleghe un paese situato nel cuore delle Dolomiti Bellunesi, esisteva l'Albergo Centrale, di proprietà della famiglia Da Tos: è proprio attorno a questo storico edificio che ruotano i protagonisti di un'atroce e incredibile storia di cronaca nera, realmente accaduta, che ha scosso per diversi anni la vita degli abitanti di questa rinomata località turistica di montagna. Fiore Da Tos un povero bracciante agricolo sposa per mero interesse la proprietaria dell'albergo Elvira Riva. Dopo il matrimonio la coppia ha due figli: Adelina la più grande d'età che lavora nella struttura di famiglia, moglie di Pietro De Biasi, e il figlio più piccolo Aldo titolare della macelleria all'angolo della piazza.

LA RICOSTRUZIONE DEI FATTI

Tutto ebbe inizio la mattina del 9 maggio 1933. Alle 11:30 la tranquillità di questa splendida città in Provincia di Belluno venne sconvolta dal frastuono delle incessanti urla di disperazione di Adelina che, alquanto scossa e turbata, chiedeva aiuto in strada per la collega e cameriera Emma De Ventura che si era tagliata la gola con un rasoio nella sua camera d'albergo. La notizia si diffuse a macchia d'olio nel piccolo paese dove un tempo si conoscevano tutti. Avventori, curiosi e gli stessi clienti erano addolorati e sconvolti all'arrivo delle forze dell'ordine, del medico legale e delle altre autorità civili e militari incluso il segretario politico del Fascio Raniero Massi. Dopo una prima sommaria ricostruzione emerse che la giovane ragazza si fosse tolta la vita ingerendo della tintura di iodio, dopo aver avuto forti dolori al corpo che la spinsero velocemente a suicidarsi, con un unico e profondo fendente.
Un'esecuzione da perfetto manuale se non fosse che più di una persona fece notare agli inquirenti come il flacone di veleno si trovasse appoggiato su una mensola della camera, mentre il rasoio era chiuso in un armadio riposto ad almeno sei passi di distanza dalla vittima, che riversava in posizione supina sul pavimento in una pozza di sangue. La stessa autopsia rivelò la presenza di alcune tracce di tintura nello stomaco di Emma e, nonostante le evidenze, le autorità confermarono la tesi del suicidio e l'archiviazione del caso.

Un'altro episodio alquanto strano e all'apparenza misterioso si verificò il 4 dicembre del 1933. Il freddo pungente di quei giorni aveva ghiacciato le acque del lago di Alleghe. Fu così che due ragazzini decisero di approfittarne per andare a pattinare. Non fecero in tempo di avvicinarsi all'imbarcadero che uno dei due notò subito qualcosa che sporgeva in una parte del lago risparmiata dal gelo. Incuriosito il bambino si avvicinò, notando il cadavere di una donna. Anche in quest'occasione la gente del paese non tardò ad arrivare sul posto; tra i tanti curiosi spettatori c'era anche Pietro De Biasio, marito di Adelina Da Tos, che da lontano riconobbe che la vittima era Carolina Finazzer, novella sposa di Aldo Da Tos, il figlio minore dei proprietari dell'Albergo Centrale. I due, proprio il giorno precedente, decisero inaspettatamente di interrompere il viaggio di nozze per richiesta di Carolina che, rientrata visibilmente turbata in città, pareva dovesse avere un'imminente incontro con sua madre di lì a poche ore. Gli investigatori avanzarono per la seconda volta l'ipotesi del suicidio, sostenuto dal fatto che la donna soffrisse di una forte depressione e di sonnambulismo. Questa tesi non convinse per nulla gli stessi familiari della vittima, che fecero notare alcune evidenti incongruenze come il ventre trovato privo d'acqua al suo interno, i denti stretti e la presenza di lividi sul collo della ragazza. Anche il medico condotto notò quei segni ma non volle soffermarsi più di tanto ad esaminarli, sostenendo che quelle tracce potevano essere riconducibili a delle macchie dovute ad un inizio di putrefazione. Una cosa che sembrò alquanto strana e priva di fondamento a tutti, visto che Carolina venne ritrovata solamente poche ore dopo la sua morte e, per di più, immersa nelle acque gelide del lago. Ma anche in questa circostanza nessuno volle indagare ulteriormente: anche Carolina Finazzer si suicidò. Caso chiuso.
Questi due delitti furono in più occasioni accostati dagli abitanti di Alleghe ad altrettante morti sospette avvenute in circostanze misteriose, come quella di Paolino Da Riva detto il Gobbo e di Guido Gardenel, il garzone del macello di Aldo De Tos.

Il paese sembrò presto tornare alla sua solita normalità: dall'ultimo delitto passarono ben tredici anni, fino a che successe nuovamente qualcosa di inaspettato. Era la notte del 18 novembre 1946 e Luigi Del Monego assieme alla moglie Luigina De Toni, conosciuti da tutti come Gigio e la Balena, allo scoccare della mezzanotte avevano chiuso le porte del circolo Enal e si apprestavano a far rientro a casa in prossimità del Vicolo La Voi. Improvvisamente si udirono due spari ravvicinati: i due coniugi vennero freddati a poca distanza uno dall'altro. Nessuno in paese sembrò sentire rumori quella notte. I due corpi vennero ritrovati all'alba della mattina successiva da Angelo De Toffol, fruttivendolo e cognato della Balena. Anche questo venne ritenuto un caso all'apparenza molto semplice e scontato, dato che dalla borsetta della signora era stato rubato l'incasso della serata: le conclusioni furono rapina a carico di ignoti. Nei giorni seguenti vennero anche fermati alcuni indiziati tra cui Luigi Verocai, un latitante evaso dal carcere prima della condanna in contumacia per un'altro omicidio, che però venne rilasciato per mancanza di prove a suo carico. Ovviamente anche in questo delitto le cose non tornavano: gli spari erano stati simultanei ma i cadaveri si trovavano piuttosto distanti tra loro, dando l'ipotesi di un agguato piuttosto che di una rapina. Altro caso chiuso senza indagare a fondo. 

Due suicidi e altrettanti omicidi a scopo di rapina: ecco i delitti di Alleghe che vennero sussurrati da tante persone del paese, ma che al tempo stesso rimasero inespressi a lungo nella bocca degli abitanti per paura di ritorsioni, fino a quando Sergio Saviane, giovane aspirante giornalista con un trascorso di gioventù ad Alleghe, apprese la notizia dalla stampa locale di quest'ultimo assassino, decise di iniziare a far luce su questi fatti di cronaca. 
Saviane si fece presto convinto che i delitti fossero tra loro collegati e compiuti da una stessa mano: ma quale? Fu proprio il suo amico barbiere, Bebi Checchini, a persuaderlo ad indagare più a fondo e a scrivere delle memorie per far conoscere queste tristi e misteriose vicende di cronaca giudiziaria. 

Il 13 aprile 1952 venne pubblicato l'articolo "La Montelepre del Nord" a firma Saviane che ipotizzava l'esistenza di un filo che collegava le morti di Emma De Ventura la giovane cameriera dell'Albergo Centrale, della cognata della titolare Carolina Finazzer e dei due coniugi gestori del bar con un esplicito riferimento all'omertà degli abitanti per paura di subire possibili minacce o ritorsioni. Nel dicembre dello stesso anno Saviane venne citato in giudizio per diffamazione, che gli costò otto mesi di reclusione, il pagamento delle spese processuali e un cospicuo risarcimento economico alla famiglia De Tos per danni morali. Dopo questo duro affronto sembrava che su Alleghe fosse arrivato il fatidico momento per chiudere nuovamente il sipario, lasciando che il trascorrere del tempo dissipasse ogni ombra su questa vicenda. Ma non fu così; l'articolo attirò l'attenzione di Enzo Cesca il giovane brigadiere della stazione dei carabinieri di Agordo, che assieme al comandante il maresciallo Domenico Uda riaprirono le indagini sotto copertura. 

Il brigadiere, un volto non ancora conosciuto in paese, si recò in incognito ad Alleghe, trovando lavoro come operaio. Frequentando le osterie del centro riuscì a raccogliere degli ulteriori elementi investigativi. In giro si raccontava che i coniugi Del Monego vennero uccisi per aver visto troppo da Giuseppe Gasperin; Cesca riuscì a conoscerlo e proprio quest'ultimo gli confidò che nel Vicolo La Voi abitava una signora, Carolina Valt, che poteva sapere qualcosa in più sull'omicidio della coppia. Per arrivare alla Valt, il giovane brigadiere si fidanzò con la nipote e, dopo essere aver conquistato la fiducia di Carolina, l'anziana donna gli rivelò che la notte del delitto aveva visto tre individui nel vicolo, uno dei quali era proprio Giuseppe Gasperin. A seguito di questa rivelazione, l'uomo venne convocato in caserma e, di li a poco, arrestato. Gasperin rivelò i nomi dei responsabili degli altri atroci delitti portando, nel 1958, in carcere Pietro De Biasio, il marito di Adelina, Aldo Da Tos e, pochi mesi dopo, anche la stessa Adelina accusata di aver ucciso la giovane cameriera dell'Albergo Centrale. La magistratura ritenne che Carolina Finazzer fosse stata strangolata da Pietro De Biasio, con l'aiuto dei fratelli Da Tos, perchè durante il viaggio di nozze il marito le aveva accennato dell'omicidio di Emma De Ventura e lei non aveva reagito bene, dando segni di paura, e così i Da Tos decisero di farla fuori. I coniugi Del Magro vennero uccisi perchè la notte del 4 dicembre 1933, avevano visto Aldo portare in spalle il corpo della moglie morta verso il lago e, a distanza di ben tredici anni dall'accaduto Aldo De Tos, Pietro De Biasio e Giuseppe Gasperin posero fine alla loro esistenza.

IL PROCESSO

L'8 giugno 1960, la Corte d'Assise di Belluno, riconobbe colpevoli Aldo e Adelina Da Tos e Pietro De Biasio, condannandoli alla pena dell'ergastolo. Aldo e Pietro furono ritenuti gli esecutori della morte di Carolina Finazzer e dei coniugi Del Monego, mentre Adelina solo della morte di questa donna in quanto l'omicidio di Emma De Ventura era caduto in prescrizione. Giuseppe Gasperin venne condannato a trent'anni di galera di cui sei gli furono condonati per aver contribuito, con la sua confessione, all'arresto degli altri responsabili. Durante il processo d'appello nel 1964 anche i Da Tos e De Biasio confessarono di essere gli esecutori materiali dei delitti, ma le loro pene vennero confermate anche dalla Corte di Cassazione, il 4 febbraio 1964. Aldo e Pietro morirono in carcere, mentre Adelina venne graziata nel 1981 dall'allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, morendo nel 1988. Ma sui misteri di questi anni di terrore non tutto è stato ancora svelato: cosa avesse visto per meritare di morire la cameriera Emma De Ventura, rimane nel silenzio. Cosa avesse raccontato Aldo Da Tos alla neosposa Carolina Finazzer, rimane un mistero pure quello; di questa storia rimane solo il suo corpo ritrovato nel lago, strangolato altrove. Infine fu una pistola a chiudere per sempre la bocca ai coniugi Del Monego, con l'unica colpa di aver visto troppo quella fatidica sera. 

In questa storia piena di ombre, molti furono quelli che preferirono ascoltare solo poche voci; oppure nessuna. Sergio Saviane no. Lui le ascoltò tutte riportandole nel libro I Misteri di Alleghe (Mondadori per Pilotto - 1964). E per questo, oggi, grazie al suo prezioso e instancabile giornalismo d'inchiesta questa triste e agghiacciante vicenda può continuare ad essere letta e raccontata, affinchè rimanga nella memoria di tutti anche attraverso lo spettacolo teatrale unico in Italia di Roberto Faoro che in scena interpreta Sergio Saviane, Ho giocato a carte con l'assassino Sergio Saviane e i delitti di Alleghe, regia di Francesco Bortolini, musiche di Antonio Fiabane e Alberto Mambrini, luci e audio di Paolo Pellicciari. Di questo lavoro esiste anche un DVD (Ho giocato a carte con l'assassino, il film) girato nella splendida cornice della Sena, la piccola Fenice, il Teatro di Feltre sempre per la regia di Bortolini e coprodotto da Telebelluno.

I Misteri di Alleghe invece sono stati letti e registrati presso Radio Più di Taibon Agordino e sono disponibili in formato audio. Per la prima volta attraverso la voce di Roberto Faoro riecheggia nella vallata agordina e tra le vie di Alleghe il libro proibito, un omaggio sincero al grande giornalista dell'Espresso Sergio Saviane.

Forse un giorno sarà concesso e reso possibile portare il monologo di Faoro ad Alleghe, affinchè in qualche modo si chiuda questa terribile ferita che direttamente o indirettamente ha riguardato la vita di migliaia di persone e che fu una vicenda che fece il giro del mondo. Una ferita che continua a pulsare. 

 

 

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Associazione Culturale Teatro del Cuore Feltre - Belluno.

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Imparare Divertendosi! Esperienza, professionalità e passione per il mondo del teatro sono stati gli elementi fondanti per la nascita dell'Associazione Culturale Teatro del Cuore, operativa nella Città di Feltre dal 2007, ma con una storia di successi alle spalle che inizia nel 1995. 

Da oltre vent'anni promuove la cultura teatrale nel territorio delle Dolomiti Bellunesi e non solo organizzando corsi di formazione all'arte del teatro per adulti e ragazzi, di lettura espressiva, dizione, danza e scrittura creativa, avvalendosi della collaborazione di professionisti che credono ancora che l'atto creativo liberi lo spirito, allarghi gli orizzonti della mente e faccia bene al cuore.

Anima e motore dell'Associazione Culturale l'eclettico attore, drammaturgo, regista e formatore Roberto Faoro, laureato in Storia del Teatro con una tesi sul comico Paolo Rossi, oltre agli altri soci storici che costituiscono lo zoccolo duro essendo per sua natura questo sodalizio un contenitore di passaggi di vita, di storie e passioni. Negli anni in questo spazio sono passati tanti aspiranti attori che, dopo aver compiuto un viaggio alla scoperta di se stessi, sono riusciti ad entrare in Accademia, trasformando la propria passione per la recitazione in un lavoro a tempo pieno, preparandosi per il provini.

L'Associazione Teatro del Cuore in questo lungo tempo ha inseguito il suo sogno: dare vita ad un teatro fatto di gioco e divertimento, di immaginari creativi e fantastici, di meraviglia e poesia, in un confronto continuo con la realtà e la contemporaneità. Un teatro comprensibile e accessibile a tutti, affinchè lo spettacolo non sia destinato ad un'èlite di cultori o al narcisismo degli attori, ma trovi la sua ragion d'essere nell'incontro con il Cuore dello spettatore.

Le parole che ci guidano.

Qualsiasi via è soltanto una via, e non c'è nessun affronto a se stessi o agli altri nell'abbandonarla, se questo è ciò che il cuore ti dice di fare. Esamina ogni via con accuratezza e ponderazione. Provala tutte le volte che lo ritieni necessario. Quindi poni a te stesso, e a te stesso soltanto, una domanda: Questa via ha un cuore? Se lo ha la via è buona. Se non lo ha, non serve a niente". C. Castaneda

Un non luogo che affiora ecco cos'è recitare, l'utopia che trova un luogo momentaneo per esprimersi, il sogno che si fa carne, il fantasma che si materializza, la rivoluzione che si realizza, anche se per un tempo breve. M. Cechov

Non si vede bene se non con il Cuore. A. Exupery

Il teatro è relazione con se stessi, con il gruppo e con il pubblico.

Liberi di sbagliare e ricominciare. 

Libertà di essere se stessi, libertà di dire o non dire, libertà di agire, di raccontare con le parole e  con il corpo, libertà di essere e di rappresentare col corpo, un corpo poetico la storia di se e del mondo. Atleti del cuore. Gli attori. 

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